E’ finita l’epopea

  • Artist: Hanno rapito gli Autokad
  • Release Date: 2018-03-30
  • Genre: Psych rock
  • Produced By: Millessei dischi

Philadelphia- Università della Pennsylvania. Un’equipe di ricercatori ha inteso di sottoporre all’ascolto dell’album “È Finita l’Epopea” un campione di dodici uomini e dodici donne di età compresa tra i 25 ed i 60 anni. Il test principia alle ore 8:30 del mattino nel sottosuolo del dipartimento di psicologia applicata: i 24 sono quindi accolti in una stanza confortevole, tiepida e dai colori tenui. Ore 8:32: “Verso l’epopea”. L’impianto inizia a lasciar emergere dalla spuma del rumore di fondo del cavo aux la traccia di apertura del disco. Un sintetizzatore in continuo crescendo, voci ribaltate: si tratta di un intro sottile, tagliente, che non lascia presagire niente di buono. Il primo maschio dei 12 convocati (e’te pareva ecco il fenomeno) si rompe le scatole dopo pochi secondi e, rinfilandosi il cappotto lesto lesto, esce dalla stanza sbattendo fragorosamente la porta e urlando “ME SO’ SCUCCIATE”. Ore 8:34 “Signorina qua qua”. Santo cielo ecco che inizia il dramma. Il synth si distende, entrano basso e batteria; il ritmo si fa tantrico e coinvolgente. Quel furbone che pochi secondi prima se n’era uscito dalla stanza del test si arresta pochi metri oltre la soglia e, tornando sui suoi passi, appoggia umilmente l’orecchio alla porta per ascoltare meglio. Nel frattempo all’interno iniziano i primi sguardi ambigui. Niente di orgiastico per il momento, ma quando l’oboe prende per mano il pezzo per accompagnarlo verso la sua consumazione nella tragedia finale qualche guappo inizia ad emancipare il proprio corpo in una danza convulsa. Ore 8:38 “Euridice”. Primi segnali di cedimento. Base nevrotica, chitarra che cannibalizza l’armonia, ritmo spedito. Il bellimbusto prende coraggio e prova a rientrare, ma niente da fare: la porta si apre solo dall’interno. E così piange e grida ed urla con tutto il fiato che ha in corpo il testo della canzone, probabilmente sepolta nei meandri del suo inconscio dal momento che non l’aveva mai ascoltata prima. O RE ADE FAI TORNARE EURIDICE – Taci, coglione! Gli urlano da dentro. Ore 8:42 “Suono blu”. Piccolo diverbio, presumibilmente causato dal finale della traccia precedente, tra una coppia di uomini per futili motivi. Iniziano a cazzottarsi a tempo con i colpi di timpano, piangono le donne emulando il fischio dell’oboe, il supervisore dell’esperimento richiama alla calma sovrapponendosi alla voce di Iolo. Questa mossa non è poi così ben azzeccata. Quando il pezzo esplode nella violenza funebre del finale vola di tutto nella stanza: sedie, tavoli, PERFINO PAROLE GROSSE e, infine, anche dei vestiti. Gli ascoltatori sembrano capire che si sta avvicinando qualcosa di ben peggiore e si ricompongono per un istante. Ore 8:46 “Rotterdam”: un pathos martellante incendia tutti i presenti nella stanza, perfino quel povero coglione che è uscito all’inizio del test. Al primo ritornello, i soggetti presenti iniziano ad accoppiarsi in pieno stile conigli della sequenza di Fibonacci, diventando circa 3400 in pochi minuti. I docenti sono costretti ad aprire il fuoco sui “nuovi arrivati” per l’insufficienza di spazio. Poderoso il sottofondo dato dal finale del pezzo

Ore 8:51- “Forza Mistica”. Piccola pausa; i soggetti chiusi dentro la stanza aprono la porta per far entrare i bidelli al fine di far rimuovere le carcasse esanimi sul pavimento, mentre il furbone che se

ne era uscito all’inizio della messa in onda del disco ne approfitta per rientrare quatto quatto. La transizione acustica è piacevole e spettrale al tempo stesso, l’ordine sembra ricomporsi per iniziare segretamente a vacillare dall’interno. Ore 8:52- “Pesci Rossi”. Eccallà. Nell’istante in cui l’ultimo dei custodi lascia la stanza si leva un incipit di tastiera commovente; piangono le donne, strillano i fiati nelle casse e principia una ninna nanna cosmica. I soggetti si prendono per mano iniziando un giro tondo armonico e blando, fino al momento in cui l’energia latente nel cuore del pezzo esplode nella parte centrale. Tutti quanti iniziano a urlare all’unisono PENSA COSA HAI IN TESTA come se fosse una frase di senso compiuto per poi iniziare a prendersi a schiaffi nella cosiddetta “parte di Yoshi”, la più delicata da un punto di vista psichico. Il ricompattarsi dell’armonia concede un istante di tregua ai soggetti che iniziano ad essere sempre più provati nei volti. Ore 8:57- “Terra piatta”. Ritmo sostenuto, note aperte e gioiose, un testo rigettevole; il concetto di ordine sembra aver abbandonato definitivamente le coscienze dei soggetti che sulla frase SE FACCIO UN FORO NELL’ASFALTO CAMBIO EMISFERO E L’ACQUA RESTA IN ARIA iniziano spasmodicamente a grattare in terra fino a disintegrarsi le falangi per verificare la validità di quanto detto dalla voce angelica che, eterea, continua la sua marcia verso la dissoluzione. Ore 9.01-“Peculiar man”. Altro piccolo break dai traumi psicofisici causati dai pezzi precedenti. Il suono soffice della combinazione strumentale tra tastiere, chitarra e basso spinge i soggetti ad accendere un piccolo ed inutile falò al centro della stanza, attorno al quale tutti si mettono a cantare come se fossero in una comunità di recupero. C’è ancora speranza. Ore 9.03-“Paris Brest”. Ma quale speranza. Principia nuovamente una base vibrante e selvaggia, dove il suono del piano e sporcato e fatto a pezzi da distorsioni cupe ed umbratili. I soggetti perdono nuovamente il controllo ed iniziano a copulare (stando a quanto dicono), ma in modo diverso dall’usuale: si sfregano infatti schiena contro schiena con gli occhi ribaltati ed emettono una strana bava viola dalla bocca che svanisce magicamente sul finale della traccia. Ogni legge della biochimica è ormai sovvertita. Ore 9.07- “Nell’ora Legale”. Gli occhi riassumono una posizione consona alla vita animale, ma ogni singola fibra muscolare dei soggetti sembra degenerare il proprio movimento nella più completa involontarietà. La linea di basso, martellante e compulsiva, fa sdraiare in terra tutti i presenti che iniziano a tremare a tempo con la traccia come pesci surgelati nella bauliera di una seicento. Il Professor Cohen, padre dell’esperimento, osservando sul monitor quanto sta accadendo, si copre il volto con le mani: “Sono un mostro”. Ore 9:11- “Chi no Chi no (È finita l’epopea)” – Mentre tentiamo di consolare l’illustre docente la situazione nella stanza degenera. Quelli che fino a pochi secondi prima sembravano corpi irrigiditi e senz’anima ora si alzano e si guardano negli occhi, preparando ognuno la rovina del prossimo. Sta per iniziare Chi no. L’ingresso della batteria, delle tastiere e dei fiati segna il definitivo abbandono di ogni legge morale: scatta l’allarme antiincendio, 24 esseri subumani urlano all’unisono CHI NOOO mentre si lanciano con sovrano disprezzo gli uni sopra gli altri (tutto ciò in senso letterale, dal momento che prende forma una piramide umana alta 30 metri che sfonda il tetto del dipartimento). “Giunge l’ora, l’epopea finirà, finirà” Ripete il Professor Cohen, ancora attonito per la piega che ha preso l’esperimento. Rimane ora il flebile canto di una tastiera, preludio per la disfatta finale della scienza: nell’istante in cui gli strumenti riemergono verso la conclusione del pezzo, la piramide umana si stacca dalla terra per ascendere oltre la biosfera. Gli ultimi suoni convulsi della Ghost track (Lord Gran Bastiano Psycopathic Love) prendono possesso della nostra mente impedendo ogni ragionamento logico. Dove saranno diretti i nostri 24 soggetti? Brilla in noi una limpida ed inconfutabile certezza: verso il fantastico mondo di Mitomagia 3000. Ma perché ci poniamo queste domande? Perché questi interrogativi? Non eravamo forse gli osservatori o ci siamo sciaguratamente trasformati in coloro che adesso sono osservati? Siamo forse diventati le cavie di qualcosa di ben più grande di noi? No, non finisce qua: l’epopea non è ancora finita.